Simjacker: virus che trasforma la sim in microspia
Simjacker: virus che trasforma la sim in microspia
Secondo Ams, sono a rischio almeno un miliardo
di dispositivi in trenta Paesi del mondo.
Un virus informatico attacca la sim attraverso un sms
la scoperta fatta dall’azienda di sicurezza informatica
irlandese Adaptive Mobile Security.
Tuttavia Simjacker, è in grado di trasformare un telefono cellulare in una microspia,
trasmettendo dati sensibili direttamente ad hacker informatici.
Tuttavia, Secondo lo studio di Ams, con Simjacker sono a rischio almeno un miliardo di
dispositivi in trenta Paesi del mondo.
Simjacker: virus che trasforma la sim in microspia
Il virus Simjacker sfrutta un sms che contiene istruzioni dirette per la sim card.
Colpisce una funzione chiamata S@t Browser: grazie ad essa, il codice maligno
raccoglie dati come la nostra posizione o il numero seriale del nostro dispositivo
per poi inviarli all’hacker responsabile dell’attacco.
Simjacker agisce all’insaputa del proprietario, perché nella casella dei messaggi non resta
traccia delle comunicazioni inviate o ricevute.
“Crediamo che questa falla sia stata sfruttata da almeno due anni da un gruppo altamente
sofisticato, nello specifico una compagnia che lavora per monitorare le persone”.
Come difendersi da Simjacker
Adottare delle contromisure di un attacco che colpisce direttamente le sim è complicato,
spiegano gli esperti di Adaptive Mobile.
Gli analisti hanno allertato l’associazione Gsm, che riunisce gli operatori, e la Sim Alliance,
che gestisce tutti i produttori di schede telefoniche.
La speranza è che venga presto creato uno scudo in grado di difendere la funzione
S@t Browser dagli attacchi futuri.
Tuttavia, La vulnerabilità SimJacker risiede nel SIM Application Toolkit
incorporato nella maggior parte delle carte SIM utilizzate dagli operatori mobili in almeno
30 paesi nel mondo.
Gli esperti hanno scoperto che lo sfruttamento della vulnerabilità è indipendente dal
modello di telefono utilizzato dalla vittima.
Simjacker: virus
L’aspetto più inquietante della storia è che un’azienda di sorveglianza privata che lavora
con le forze dell’ordine era a conoscenza della falla da almeno due anni e la stava
sfruttando attivamente per spiare gli utenti mobili in diversi paesi.